mercoledì 15 aprile 2015

Hic lupi sunt

L’aria era fredda, la notte sarebbe calata a breve ma il sole se ne sarebbe fregato, e ci avrebbe accompagnato per tutto il tragitto.
Un casino di gente si affollava dietro al camioncino. A domandare quanti fossimo ci saremmo eternamente risposti: sempre pochi!
Ma molti avevano risposto alla nostra chiamata e venivano, da Benevento, da Napoli, dal vallo di Diano, dalla Basilicata, da dovunque la terra reclamava ai suoi figli di mobilitarsi.
Si rispondeva al bisogno di proteggersi, da uno degli ultimi abomini del governo Renzi, lo sblocca Italia, che trasforma tutti i nostri luoghi in alberi della cuccagna per palazzinari, cementificatori e petrolieri. E allora ci siamo ritrovati a Gesualdo un pomeriggio di gennaio e gridare forte che poco abbiamo da spartire con questi modelli di sviluppo, che non vogliamo ne sfruttare ne essere sfruttati.
Uniti in corteo, dietro lo striscione ci avvicinavamo al vecchio cantiere dove è previsto il primo pozzo esplorativo per l’estrazione del pretrolio, e non che prima fossimo stati lontani, il posto è ad un tiro di sasso dal paese e dalle scuole e nel vederlo quel giorno ho immaginato che tutto fosse uno scherzo, perchè non poteva essere.
Già è vergogno che lì vicino ci fosse una cava con quegli arruginiti colossi di ferro usciti pari pari da una puntata di ken il guerriero, già quella è difficile da visualizzare in paesi come i nostri, ma nell’immaginare i tralicci, le trivelle, la puzza, il liquame nero, i rumori ho dovuto gridare più forte per non impazzire.
Che cazzo c’entra il petrolio con noi? che ha a che fare con tutto il mondo? energia accumulata che non ci spetta, e che infatti ci avvelena. Eppure le alternative ci sono, ma da che esistono i padroni non è il buon senso a guidare le decisioni sul futuro dei popoli.
E un po’ impazzisco e mi addoloro a immaginare la mia terra bucherellata e  inquinata, già da troppo tempo sfruttata ma ora sul patibolo a dover pagare per la nostra ingordigia. E l’indignazione che cresce perchè non ci sono tutti gli irpini e gli esseri umani a schierarsi insieme a noi poveri perdigiorno, per non doverlo fare mai più.
Lo sguardo si allontana, sulle tenui colline dell’ Irpinia che si susseguono come seni e culi di un tappeto di puttane sorridenti e la notte che le copre, e non puoi amarle più di così finchè non ti costriggeranno ad andartene, o ad odiarle, o finiranno (loro, chi ha il potere) per trasformarla in un cimitero di sogni e speranze.

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